Un weekend non basta per riposare. Lo sappiamo tutti: si arriva al venerdì mattina con trepidazione, in vista del fine settimana, ma poi il sabato vola e la domenica è già triste anticipazione del lunedì. Cosa penseresti quindi se avessi un giorno in più alla settimana per occuparti delle tue passioni, per passare tempo con la tua famiglia o per organizzare uscite con i tuoi amici?
Questa prospettiva potrebbe non essere così assurda, grazie alla proposta di una settimana lavorativa da 4 giorni, che è già realtà in diverse aziende di tutto il mondo.
Cos’è la settimana lavorativa da 4 giorni
La settimana lavorativa da 4 giorni è stata sperimentata in vari Paesi, con modalità sostanzialmente simili: dal lunedì al giovedì i lavoratori si recano in azienda per un totale di 32 o 35 ore settimanali, con uno stipendio invariato rispetto alle classiche 40 ore.
Perché non lo facciamo già? L’origine dei turni da 8 ore
Ma da dove deriva lo standard delle 8 ore lavorative al giorno? Lo slogan “8 hours for work, 8 hours for rest and 8 hours for what you will” (“8 ore di lavoro, 8 ore di riposo e 8 ore per quello che vuoi”) era impiegato già dalla Seconda rivoluzione industriale, che coinvolse tutta l’Europa nella seconda metà del XIX secolo.
Si trattava, a quei tempi, di una conquista, che in Italia venne conseguita solamente nel 1923, con un decreto regio che approvava finalmente la riduzione dell’orario lavorativo. È legittimo che quasi cent’anni dopo questa convenzione richieda di essere aggiornata.
Ad accogliere questa istanza sono stati per primi paesi come l’Islanda, in cui la sperimentazione della settimana lavorativa da 4 giorni ha coinvolto oltre duemila lavoratori, l’Inghilterra, la Spagna e diverse grandi aziende in giro per il mondo, tra cui Microsoft in Giappone e la Renault in Francia.
Un giorno in meno di lavoro, un giorno in più per lo svago
Lasciare che i dipendenti godano di maggior tempo per la sfera privata presenta aspetti positivi non indifferenti. Innanzitutto, aumenta il benessere dei lavoratori e contribuisce al giusto equilibrio tra vita personale e lavorativa.
Inoltre, una maggiore soddisfazione porta anche ad una crescita della motivazione. Il concetto alla base, infatti, è che lavoratori più motivati possano ottenere lo stesso livello di produttività in meno tempo, perché durante le ore di lavoro si tende a perdere tempo in attività collaterali e a distrarsi.
Riorganizzare l’orario lavorativo in 4 giorni anziché 5, quindi, prevede anche di ripensare i processi produttivi per renderli più efficienti. Questa è l’idea che ha spinto Andrew Barnes a scrivere un libro dal titolo “The 4 day week” e a fondare un’associazione no-profit che supporta l’idea di ridurre la settimana lavorativa a soli 4 giorni.
L’idea di una produttività invariata in un tempo inferiore sembra essere supportata dalle prime evidenze: gli studi condotti in Islanda, infatti, mostrano che negli uffici pubblici dove si lavora un giorno in meno la qualità del servizio non è diminuita. In maniera simile, Microsoft Japan ha registrato addirittura un aumento della produttività del 40%.
Ma non sono soltanto questi i pro di una settimana più breve. La chiusura degli uffici per un giorno in più comporta una riduzione dei costi di gestione, oltre che dei costi a carico dei dipendenti, come ad esempio quelli legati alla mensa o ai trasporti. Inoltre, questi soldi vengono reinvestiti in altre attività, favorendo alcuni settori economici, tra cui il turismo e le attività ricreative.
Argomenti a sfavore della settimana lavorativa da 4 giorni
Anche se l’idea di una settimana lavorativa da 4 giorni è allettante, esistono ovviamente anche dei contro. Innanzitutto, è bene sottolineare che nei paesi in cui questa proposta è stata accolta, sono spesso stati stanziati dei fondi statali per sostenerla, che non sono facilmente reperibili.
Inoltre, l’idea non è applicabile a tutte le aziende. Ad esempio, se fosse necessario mantenere un ufficio aperto lo stesso numero di ore ma riducendo l’orario di chi vi lavora e senza intaccarne lo stipendio, sarebbe necessaria l’assunzione di nuovi dipendenti, con inevitabili maggiori costi per il datore di lavoro.
Infine, secondo Mario Mantovani, presidente di Manageritalia, l’idea della settimana lavorativa da 4 giorni perde il proprio significato di fronte alla sempre maggiore diffusione dello smart-working.
Infatti, il lavoro da remoto, con la propria flessibilità, fa risultare l’imposizione di una settimana lavorativa più corta uno schema eccessivamente rigido, ancora legato al numero di ore passate a lavorare anziché focalizzato sui risultati ottenuti.
Come ottenere un maggior livello di benessere dei lavoratori
Lo smart-working ha avuto un impatto sia positivo che negativo sulle vite dei lavoratori: se da un lato questa modalità di svolgere l’attività lavorativa consente una maggiore flessibilità e una gestione autonoma dei passi da percorrere per raggiungere gli obiettivi prefissati, d’altro canto il rischio è di assottigliare il confine tra la sfera personale e quella lavorativa, rendendo difficile distogliere la mente dai compiti da portare a termine. La settimana lavorativa da 4 giorni, invece, agisce secondo un principio differente: il lavoro rimane relegato in un orario ben specifico, consentendo comunque di fruire di più tempo libero.
Si tratta quindi di passare dal “vivere per lavorare” al “lavorare per vivere”, purché si rispettino comunque le basilari necessità della giornata lavorativa, come ad esempio quella di fare una pausa con regolarità.
Abbiamo già parlato in un precedente articolo dell’importanza di prendersi cura di sé, sul lavoro e al di fuori.
La settimana lavorativa da 4 giorni potrebbe essere d’aiuto per rispondere a questa esigenza e ottenere quindi un guadagno per l’azienda e un livello di benessere maggiore per i dipendenti.