Licenziamento per pausa caffè: cosa dice la legge 66 del 2003?

Pause sul lavoro in piedi
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Sarai forse già consapevole del fatto che il diritto alla pausa caffè non è soltanto una gentile concessione della tua azienda, ma è garantito dalla legge. Infatti, l’Articolo 8 del Decreto legislativo 66/2003 stabilisce che coloro che lavorano più di 6 ore al giorno abbiano diritto ad almeno 10 minuti di pausa.

Conoscere i propri diritti è necessario per farli valere. In questo articolo, quindi, troverai le informazioni che ti servono per sapere se le tue pause sono in linea con la legge.

Pause sul lavoro seduta

A cosa servono le pause sul lavoro e chi ne ha diritto

Ogni lavoratore che ecceda le 6 ore di lavoro ha diritto a 10 minuti di pausa. Ma cosa significa esattamente? Se il tuo turno inizia alle 8 e finisce alle 14 secondo la legge non hai diritto ad una pausa, anche se ovviamente il tuo datore di lavoro può decidere in autonomia di concederti il tempo per un caffè o per scambiare due parole con i tuoi colleghi. Viceversa, se il tuo turno è dalle 6 alle 14, hai diritto a 10 minuti di pausa, che non possono essere cancellati a discrezione del tuo capo.

A cosa servono quei 10 minuti?

Secondo il decreto legge, lo scopo è di recuperare le energie psico-fisiche, attenuare la monotonia del lavoro e, in certi casi, consumare i pasti. Viene così riconosciuto il ruolo fondamentale di avere una mente riposata per dedicarsi più energicamente e, quindi, più proficuamente al proprio lavoro. Infatti, anche la sentenza della Corte di Cassazione n. 4509/12 ha sottolineato che l’intervallo dedicato al caffè favorisce l’esecuzione dell’attività lavorativa.

Ma chi decide quando il dipendente può fare pausa? La decisione spetta al capo, tenendo in considerazione le esigenze lavorative. Inoltre, la pausa non può essere monetizzata, perciò rinunciare alle pause sul lavoro non può essere considerato un motivo per aumentare lo stipendio o ottenere benefit. È possibile inoltre che venga richiesto di svolgere la pausa all’interno del proprio ufficio, purché in quel periodo di tempo non sia richiesta una prestazione lavorativa.

Cosa ci dice invece la legge riguardo le pause pranzo? In realtà, nel D.Lgs. n. 66/2003 non viene fatto riferimento alla pausa pranzo. Perciò, nei 10 minuti di pausa al lavoratore è eventualmente richiesto di consumare anche i propri pasti. Anche questo, però, dipende da quanto decide l’azienda: è quindi possibile che il datore di lavoro decida di concedere più tempo per pranzare, mentre per altri lavoratori è possibile che il turno sia spezzato tra la mattina e il pomeriggio con solitamente una o due ore che possono essere sfruttate per il pranzo, non incluse nell’orario lavorativo.

Chi ha diritto a pause più lunghe: le eccezioni alla regola

La regolamentazione delle pause non è affidata solo ai decreti legislativi, ma anche ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), che definiscono le norme e gli obblighi legati al contratto di lavoro. Per alcune categorie, in particolare, si applicano delle regole più favorevoli riguardanti le pause, in virtù delle difficoltà ulteriori connesse al lavoro.

In questa categoria di lavoratori speciali rientrano, ovviamente, gli autotrasportatori, cioè coloro che trasportano sia merci che persone. È piuttosto evidente che l’attenzione possa calare in seguito a periodi prolungati alla guida; proprio per questo, per gli autotrasportatori sono previste pause sul lavoro di mezz’ora se lavorano per 6 ore consecutive, o di tre quarti d’ora in 9 ore di lavoro.

Un’altra categoria interessata da particolari accordi è quella di coloro che lavorano per periodi prolungati (a partire da 20 ore settimanali) di fronte ad uno schermo. Si tratta non solo di chi lavora davanti al computer, ma ad esempio anche di addetti alla sicurezza che usufruiscono di telecamere o di operai che controllano la produzione tramite un monitor. Per queste persone è necessaria una pausa di 15 minuti ogni 2 ore di lavoro, in modo da concedere riposo agli occhi e di modificare la postura, come indicato dal D.Lgs. n.81/2008, e se questa indicazione non viene rispettata il dipendente può chiedere che gli venga riconosciuto un indennizzo.

La suddetta pausa, però, non consiste necessariamente in un’interruzione dell’attività lavorativa: è possibile usufruirne anche svolgendo una mansione alternativa che non preveda l’impiego di schermi.

Pause sul lavoro in piedi

Si può essere licenziati per una pausa?

È possibile essere licenziati per un eccesso di pause? La risposta è sì: se la pausa caffè sembra essere l’attività lavorativa che occupa la maggior parte del tempo nella tua giornata, è diritto del datore di lavoro provvedere al licenziamento.

Inoltre, alcune persone potrebbero pensare di fare i furbetti approfittando del fatto di non lavorare fianco a fianco con il capo. È il caso di coloro che lavorano fuori sede, come ad esempio gli operatori ecologici. In questa situazione, però, la sentenza della Cassazione n. 20440/2015 ha decretato che è legittimo che il datore di lavoro controlli le pause eseguite, anche mediante controllo GPS. Questo meccanismo, che potrebbe farti storcere il naso e ricordare alcuni episodi spiacevoli riportati da lavoratori di grandi imprese, è in realtà necessario per la tutela dell’azienda stessa: il comportamento del lavoratore, infatti, lede all’immagine della società per cui lavora, che potrebbe essere vista dall’esterno come poco seria.

In ogni caso, le tutele legali riguardano, per la maggior parte dei dipendenti, solamente pochi minuti. Perciò, se ritieni di aver bisogno di pause sul lavoro più estese, anziché agire alle spalle del tuo capo, rischiando il licenziamento, puoi cercare un dialogo con i tuoi superiori, spiegando loro il beneficio di un caffè a metà mattinata e l’importanza di avere il tempo per creare un rapporto proficuo con i colleghi. Trovando un punto d’incontro, potrai goderti pause più efficaci e tornare al lavoro al massimo della tua produttività.

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