Ti sarà capitato più di una volta di leggere l’etichetta del caffè e chiederti cosa effettivamente significa che una miscela è 100% arabica.
Esistono in natura numerose specie botaniche di questa pianta, ma due sono riuscite ad emergere e imporsi sul mercato per gusto e consistenza: quella arabica e quella robusta.
Noi di World Matic forniamo in comodato d’uso distributori automatici di caffè con un’ottima miscela di caffè al suo interno.
Pertanto, inserire una dicitura come quella sopra indicata, comporta che all’interno del sacchetto, della capsula o della cialda è contenuta esclusivamente la prima variante, non mescolata con altre tipologie che potrebbero pregiudicarne la purezza.
Questo non significa, in linea generale, che la miscela sia realmente buona, poiché sono essenziali una serie di altri fattori, come la salute della pianta, il tipo di lavorazione e di essiccazione che viene eseguita e la conservazione.
Non farti ingannare quindi dalle etichette e non limitarti alle informazioni superficiali, ma informati circa la provenienza e la torrefazione per poter bere una bevanda realmente gustosa.
In questo articolo vedremo quindi nel dettaglio come nasce e si diffonde questo tipo di miscela, come riconoscere la migliore e soprattutto quali sono le differenze con la variante robusta, così da poter compiere anche una scelta consapevole secondo i propri gusti.
Storia Del Caffè Arabica e significato
Se ami le storie affascinanti, ambientate in luoghi remoti diversi secoli indietro, quella della miscela arabica saprà certamente conquistare la tua attenzione.
Bisogna infatti andare al 1000 a.C, precisamente nel Regno di Kefa, in Etiopia, un mondo magico che ormai non esiste più ma che all’epoca era occupato dalla tribù degli Oromo.
Questi erano soliti preparare infusi e unguenti per favorire il vigore fisico e poter affrontare al meglio le battaglie con le altre popolazioni che ogni giorno gli si presentavano.
Presero quindi l’abitudine di schiacciare il chicco del caffè per aggiungerlo al grasso animale e vegetale, riscontrando un miglioramento dell’attenzione e del tono muscolare.
Non sapevano fosse l’azione della caffeina e per tutta la durata del loro dominio sulla zona attribuirono quasi un potere magico alla pianta.
Come per molte scoperte e invenzioni, furono gli arabi a capire come un chicco tostato rilasciasse meglio le sue proprietà e allo stesso tempo fosse più gradevole al palato, con lo scopo di far durare di più gli orari di lavoro e rimanere svegli anche dopo diverse ore.
Le scorribande dei turchi, oltre che morte e distruzione, portarono dal 1583, alla diffusione del caffè anche in Egitto e nel resto dell’Europa, dove venne subito apprezzato per le sue peculiari caratteristiche.
Oggi il caffè è bevuto universalmente in tutto il mondo e certamente la varietà che maggiormente è diffusa e amata dalle diverse culture è quella arabica, dal sapore avvolgente caratterizzata a tratti dal sentore di cioccolato.
È davvero il caffè di migliore qualità e più buono?
La dicitura 100% arabica in realtà da sola non è indice di qualità e bontà del caffè.
Significa esclusivamente che il chicco proviene da quel tipo di pianta, ma non è stata fornita alcuna informazione che la caratterizza come gustosa e ben lavorata, con la necessità di aggiungere alcuni dati ulteriori.
Non esiste una normativa molto ferrea in proposito, pertanto scrivere 100% arabica potrebbe anche voler dire che è presente una percentuale superiore di questa variante, che però convive con quella robusta o con altre qualità scadenti.
Si tratta essenzialmente di una mossa pubblicitaria, che convince il cliente di aver acquistato una composizione pura ed elevata dal punto di vista qualitativo, senza andare a indagare sulle altre variabili altrettanto importanti.
La prima è senza dubbio la provenienza, che dona informazioni sul tipo di lavorazione che viene eseguita, a seconda della torrefazione di riferimento.
Il caffè deve essere infatti tracciabile, per vedere se il posto di lavorazione è realmente uno dei più accreditati in tal senso.
È il caso ad esempio del Brasile, dell’Indonesia ma soprattutto dell’Etiopia, luogo di origine che conserva ancora una tradizione molto spiccata nonostante la modernizzazione dei processi di realizzazione.
Partendo dallo stato, si passa alla regione e poi alla singola casa produttrice, un percorso inverso per arrivare alla radice della lavorazione del chicco.
Successivamente è opportuno chiedersi appunto come questo venga trattato e soprattutto essiccato, la fase più importante quando si vuole creare una miscela che possa lasciare il segno.
Il lavaggio, la tostatura e la macinazione sono altri indizi di quello che sarà il sapore della bevanda una volta portata alla bocca, quindi non fermarti a una lettura iniziale ma indaga per ottenere il massimo della qualità in rapporto al prezzo.
Differenza tra caffè arabica e robusta
Se ami bere il caffè e vuoi saperne di più, certamente ti tornerà utile conoscere la differenza tra miscela arabica e robusta, due tra le principali diciture che puoi trovare sulla confezione e che possono voler dare diverse informazioni che necessitano solo di essere codificate.
In linea generale, il caffè 100% arabico è considerato più pregiato rispetto a quello robusto, in quanto i chicchi hanno bisogno di specifici climi e non è possibile coltivarli ovunque, rendendo il prodotto più raro e prezioso.
La maturazione di questa variante avviene in un lasso di tempo piuttosto lungo, che può arrivare a protrarsi anche per 7 anni, mentre la versione robusta è più versatile e si trova facilmente in commercio e in natura.
Per permettere il corretto sviluppo della pianta arabica, è poi necessario salire maggiormente sopra il livello del mare, dai 500 ai 18000 metri, mentre quella robusta cresce anche in condizioni meno elevate.
Inoltre, la prima contiene una percentuale di lipidi del 60% superiore rispetto al chicco della miscela robusta, che regalano una consistenza molto più cremosa alla bevanda.
Si tratta di oli e cere naturalmente presenti che conferiscono il sapore e la morbidezza al palato.
Infine, la pianta arabica è definita autoimpollinante e pertanto non necessita di alcun aiuto esterno, come invece accade per quella robusta, che senza il vento e gli insetti non avrebbe la possibilità di riprodursi nella maniera corretta.
L’ago della bilancia pende quindi verso la miscela arabica per questi fattori, anche se esistono varietà di robusta che sono comunque molto gustose al palato e con sfumature interessanti dovute alla lavorazione e alla tostatura del chicco, così da recuperare le caratteristiche mancanti.
Come riconoscere la miscela in un caffè?
Per riconoscere la miscela di un caffè, è necessario quindi andare oltre la lettura semplice e superficiale dell’etichetta, a favore di un’analisi più specifica dei parametri essenziali.
Per capire di cosa si tratta, inizia dal luogo di provenienza.
Se questo si colloca tra Brasile, Etiopia e Indonesia, è molto probabile che si tratti di una miscela 100% arabica e che la qualità del chicco e della sua lavorazione sia elevata.
La legislazione non lo impone, ma molte case produttrici riportano anche l’altitudine alla quale è stata coltivata la pianta e il tipo di clima al quale è stata soggetta, fornendo delle informazioni essenziali circa il gusto che si andrà ad assaggiare sorseggiando la bevanda nella tazzina.
Se sei fortunato, troverai anche l’indicazione del tipo di processo di tostatura è avvenuto, quanto ci è voluto per confezionare il prodotto e come sono stati in generale trattati i chicchi, per avere un’idea chiara e completa.
Apri poi la confezione e lasciati ammaliare dall’odore e dalle note aromatiche, che dicono molto sulla variante di caffè e sulla sua resa.